Ogni volta che accediamo a un sito web, installiamo un’app o ci iscriviamo a un servizio, ci viene chiesto di accettare termini e condizioni. Spesso lo facciamo in fretta, senza leggere. Eppure, dietro quel clic si nasconde qualcosa di cruciale: il consenso. E senza trasparenza, quel consenso rischia di essere vuoto.
In un’industria dominata dalla raccolta massiva di dati, questi due concetti non sono solo formali: sono il fondamento della libertà e della responsabilità digitale.
Ma a questo punto, in cosa consiste il concetto di consenso? Il consenso è il permesso che l’utente concede affinché i suoi dati vengano raccolti, trattati e – in certi casi – condivisi. Secondo regolamenti come il GDPR in Europa, questo consenso deve essere:
- Esplicito: non può essere presunto o implicito
- Informato: l’utente deve sapere a cosa acconsente
- Revocabile: si deve poter cambiare idea in ogni momento
- Specifico: non può essere un “sì” generico a tutto
Quel pop-up che ti chiede di accettare i cookie non è solo burocrazia: è una richiesta di consenso. Ma quanto è davvero trasparente?
La trasparenza è pertanto una necessità; è la capacità di un’organizzazione di spiegare in modo chiaro:
- Quali dati raccoglie
- Perché li raccoglie
- Chi li vedrà
- Per quanto tempo saranno conservati
- Quali diritti ha l’utente
Purtroppo, molti servizi digitali nascondono queste informazioni in documenti lunghi e complessi, rendendo la trasparenza più apparente che reale.
Una policy scritta in “legalese” non è trasparente. Una vera trasparenza richiede un linguaggio accessibile.